Una rimessa ferroviaria storica nel centro di Utrecht è stata trasformata in un luogo di lavoro, dove imprenditori, professionisti e aziende collaborano costituendo una società basata su un’economia sostenibile e circolare. I principi che hanno guidato la ristrutturazione della struttura si fondano sulle potenzialità dello spazio: un ritrovato open space, dinamico e flessibile, con un privilegiato rapporto con il cielo. Il Daalsedijk, dove UCo si trova, è stato costruito nel 1200 accanto al vecchio corso del fiume Vecht ed è la strada più antica tra Utrecht e Amsterdam. Il fabbricato originale risale al 1916 ed era un capannone per la costruzione di veicoli ferroviari e manufatti in acciaio.
Dal 1950 è stato il luogo di lavoro di operai locali ma anche stranieri, provenienti soprattutto da Italia, Grecia, Spagna, Turchia e Marocco. Successivamente, e per lungo tempo, è stato abbandonato e usato come deposito di fortuna. Finché l’Amsterdamsestraatweg non è stata costruita, il Daalsedijk era la direttrice principale, e il quartiere intorno al capannone è stato edificato per offrire alloggi ai lavoratori, che hanno ricreato lì una nuova vita comunitaria.
Nel 2012 Except cercava uno spazio per la propria nuova sede, che fosse in linea con i principi ispirativi della loro visione, e hanno visto nel vecchio deposito, monumentale ma fatiscente, l’opportunità che cercavano. La storia dell’area mostra quanto sia cruciale la connessione e come questa sia chiave d’accesso al resto del mondo. È in fondo la stessa filosofia ancora rintracciabile nello spirito del progetto e nel modo in cui funziona la comunità di imprenditori coinvolti. UCo, infatti, oggi non è solo la sede di Except e degli altri promotori, ma ospita 150 tra aziende e imprenditori che, separatamente e insieme, mettono a disposizione le loro competenze per la costruzione di una prospettiva integrata sulla sostenibilità. Qui non solo si lavora, ma si organizzano attività e workshop all’interno e all’esterno dell’edificio, estendendo la sinergia al vicinato.
Le potenzialità di un grande open space
L’architettura della preesistenza era molto forte: 2.000 m2 di capannone, con struttura in acciaio e facciate di mattoncini, e una copertura emblematica dall’iconica forma a dente di sega tipica degli edifici industriali. La rimozione delle partizioni interne ha immediatamente ridato respiro al grande potenziale open space e la rimozione dei pannelli oscuranti in copertura ha riportato alla luce l’alternanza pieno-vuoto degli shed, inondando lo spazio della presenza e della leggerezza del cielo. La luce naturale è l’elemento principale e immediatamente evidente; è incredibilmente uniforme e i livelli d’intensità sono non solo abbondanti ma ben distribuiti e confortevoli. È l’effetto dei lucernari: i tagli regolari e continui lasciano entrare la luce ambientale in tutta l’estensione dello spazio e l’orientamento delle strisciate, prevalentemente verso nord, tipico degli shed, fa in modo che la luce diretta abbia difficoltà a entrare.
L’ottimizzazione del rapporto con il cielo: la luce diffusa
In architettura (soprattutto negli ambienti di lavoro e studio, ma non solo) c’è sempre stata e continua a esserci una difficile ricerca sul bilanciamento ottimale tra l’esclusione della componente diretta del sole, dinamica, capricciosa, abbagliante e troppo calda, e l’ottimizzazione del rapporto con il cielo, la cui luce diffusa, costante, stabile e priva di calore permette di mantenere condizioni ottimali minimizzando i disagi.
La geometria e il rapporto col contesto hanno sempre rappresentato ottimi strumenti per provare a sciogliere questo nodo: vedere/inquadrare molto cielo, ma non quella parte in cui passa il sole. Alle latitudini oltre i tropici, dove si colloca l’Europa, in cui il percorso solare non raggiunge mai lo zenit e si limita prevalentemente a oscillare attorno a un punto cardinale (sud da noi, nord nell’altro emisfero), orientare le aperture verso la direzione opposta si è rivelata a lungo una solida strategia. Con scelte di questo tipo, ci si può permettere di avere grandi superfici vetrate senza paura di surriscaldamento. Il risultato è allo stesso tempo una luce molto morbida e omogenea, con il raggiungimento, allo stesso tempo, di un alto fattore di luce diurna, a beneficio della sensazione di continuità con l’ambiente esterno e le condizioni atmosferiche e dell’andamento ottimale dei ritmi circadiani. All’interno dell’Utrecht Community la luce artificiale non è quasi mai necessaria.
Un progetto olistico
Anche le scelte sulla tecnologia e i materiali rispecchiano ovviamente la filosofia della comunità: il progetto di riconversione, che ambisce a diventare nel tempo neutrale in quanto a energia e approvvigionamento idrico, è nato fin da subito per essere all’avanguardia in ambito di economia circolare, con il riuso di oggetti di scarto per molti elementi, inclusi i piccoli moduli-stanza interni, e con il ricorso a materiali atossici e salubri, dai pannelli acustici agli arredi, alle molte piante e alberi presenti all’interno.
La qualità dell’aria è garantita dal basso livello di sostanze tossiche volatili e da sistemi impiantistici di ultima generazione. L’energia per il riscaldamento è generata per mezzo di una pompa di calore aria-acqua. I pannelli radianti sono nel pavimento in calcestruzzo, spesso e coibentato, perché la capacità di accumulo generi un alto livello di comfort. L’aria per la ventilazione viene pompata con un sistema di recupero del calore. In estate, l’aria in ingresso viene raffreddata di alcuni gradi per mezzo di un raffreddamento adiabatico (una tecnica per edifici per uffici come questo, che offre un ambiente di lavoro interno piacevole durante i mesi estivi). In ogni caso, dei tantissimi lucernari VELUX Modular Skylight 14 sono apribili elettricamente per garantire la ventilazione naturale per effetto camino.
Il complesso rapporto fra architettura e benessere
Si parla molto, recentemente, della possibilità di realizzare luoghi di lavoro sani. Non è semplicissimo capire il rapporto tra l’architettura e il benessere, ma molti degli indicatori sono già chiari e disponibili. Al di là di quelli puramente fisici, il fatto che lo spazio sia stimolante può non essere uno dei più immediati, ma resta una strategia vincente. Lo spazio dell’UCo è “socialmente focalizzato” per facilitare lo scambio, la comunicazione e la collaborazione, la partnership. Pensiero sistemico, progettazione olistica, sono solo due delle tante espressioni di questo nuovo modo di lavorare. Qui ci sono uffici privati, ma la maggior parte dei professionisti preferisce lavorare a contatto con gli altri nel grande ambiente comune, sebbene con la possibilità di avere il proprio spazio fisso e non postazioni nomadi.
Oggi UCo è una comunità di lavoro, workshop e consulenza; è un cosiddetto “hub” di idee e innovazione che ruota intorno al concetto universale di condivisione, nella convinzione che lo scambio e il confronto continuo, anche facilitati e amplificati dalla promiscuità e dalla connessione dell’ambiente di lavoro - nonché dalla coerenza tra principi e spazio architettonico - siano la condizione ideale per generare idee nuove e sviluppare grandi, ambiziosi progetti.
Except - integrated sustainability
Except è una compagnia di architetti, analisti e innovatori fondata nel 1999. In più di vent’anni, hanno dato vita a centinaia di progetti in tutto il mondo, uniti sotto il cappello dello sviluppo sostenibile. Gli ambiti sono i più svariati: architettura e urbanistica; agricoltura; strumenti e software; industria; materiali ed energia; comunità; ricerca. Tutto ciò richiede una squadra appassionata, dinamica e molto pratica, con un approccio interdisciplinare e creativo, ma impone anche un luogo di lavoro in grado di stimolare e facilitare l’interazione e lo sviluppo di idee. Tra il 2012 e il 2017 hanno dunque creato UCo, insieme allo studio di architettura locale ZECC e alla collaborazione con altri professionisti, con cui hanno condiviso l’ideazione, il finanziamento, la progettazione e la realizzazione dell’iniziativa.
Photos: Zecc Architecten, Stijn Poelstra